lunedì 15 giugno 2009

Second drop:.- Prologue










.:Prelude:.


“ Nessuno è innocente, a questo mondo.
Semplicemente, uno non sa di aver già commesso peccato fino a quando non ha le mani sporche di sangue. Suo o altrui, fa poca differenza.
Non sono sicuro se gli esseri umani lo tengano in conto o no.
Un uomo è colpevole se uccide un altro uomo.

Ma se uccide uno di noi…?
Quello non conta.
Perché noi siamo prede.
Siamo stati cacciati dal genere umano fin dall’alba dei tempi, colpevoli di non essere abbastanza simili a loro per poter essere degni di condividere la loro stessa terra. Da millenni viviamo nell’ombra, nascosti, osando uscire solo la notte per riuscire a sopravvivere in un mondo che non ci appartiene.
Per noi non esiste pace, è un dato di fatto.
Io ne porto i segni.”
Shade



…La sorte è incerta, il dado tratto, la spada sguainata
Nelle loro mani,
il potere
di scegliere il proprio destino…

(Prophecies)






Boston, lair sotterraneo. Oggi.



Caden si appoggiò pesantemente al tavolo, premendo il mento sulle braccia incrociate. Gli bruciavano gli occhi a forza di guardare il monitor, e il ronzio del computer era fastidioso come quello di un nugolo di mosche.
Fastidioso quasi quanto il chiasso consueto del rifugio.
Cinque piccoli Whisperer si rincorrevano, giocando a sbucare qui e la tra le gigantesche colonne della stanza comune, i guerrieri più giovani che si allenavano si facevano abbondantemente sentire dalla palestra e gli anziani erano giusto fuori dalla porta del laboratorio a discutere di questioni burocratiche; come se non bastasse la radio era sintonizzata a tratti sul canale musicale, trasmettendo incostantemente gli ultimi successi musicali. Ogni tanto il motivetto vivace di “Still you do not answer” di una cantante famosa quanto ripetitiva si interrompeva per lasciare spazio a una diretta sportiva di calcio.
Un inferno. Non bastava il caldo, evidentemente.


I Whisperer non reagiscono molto bene agli sbalzi di temperatura. Caden, poi, detestava con tutto il cuore l’estate. Odiava l’ oppressione che dava l’afa, che nel piccolo rifugio sotto Boston era inspessita dal chiuso, odiava la morsa di arsura che gli serrava la gola e la sensazione che qualunque cosa facesse, anche la più piccola, costasse il doppio della fatica.
“ E devo ancora finire di compilare i moduli dei grafici.”
Ah già. Oltre a questo, anche il lavoro più tedioso che ci fosse nel rifugio, controllare uno per uno i fogli delle spedizioni in “superficie”, i danni riportati, le statistiche di incontri con gli umani. Tutte cose che l’uso del pc rendeva più facili, ma restava una palla mortale.
Una palla da adulti. Di solito c’era una sola persona che si dedicava a quel compito ingrato. Uno grande. Uno vaccinato e preparato ad affrontare il mal di testa micidiale che restava per mezza giornata.
Peccato che l’addetto se ne fosse partito con l’ultimo drappello.
A Caden fumavano le orecchie se solo ripensava a quello che gli avevano detto quando si era visto piazzare davanti un pacco di fogli da scannerizzare e una data di scadenza.
“ Pensa un po’, sei il primo di età inferiore ai 50 anni che riceve questo incarico. Non sei contento? È uno dei lavori fondamentali per tenere aggiornato il clan!”


Certo.
Contentissimo. Stava morendo di felicità.
Perché ovviamente è naturale avere 16 schifosissimi anni e farsi appioppare un lavoro da decrepiti per il semplice fatto di avere un Q.I fuori dalla media.

Tutto nella norma.

Avrebbero potuto anche dirgli in faccia che non volevano che partecipasse alle squadre di ronda per la sua scarsa inclinazione alla violenza. C’era da stupirsi che non lo avessero fornito anche di un bel cartello con su scritto “ attenzione: maneggiare con cautela!” come quello che era stato piazzato su Randa, dopo che aveva distrutto mezzo dojo per la frustrazione.
Caden tirò un sospiro esasperato.
Anche lui era rimasto distrutto dalla scomparsa di Shade, anche lui fino a due settimane prima avrebbe voluto sfasciare qualunque cosa –chiunque- gli desse fastidio. Ma non c’era riuscito, e il dolore era ancora annidato in profondità dentro di lui.
Cosa che sembrava autorizzare gli altri a trattarlo con una sorta di simpatia velata di compassione. L’avrebbero offerta anche ai suoi cugini se non fosse stato che Tenah ancora rifiutava di rassegnarsi e passava giornate intere a sbrigare i suoi compiti il più in fretta possibile per correre ad allenarsi. Faceva tutto da solo e non voleva alcun maestro, sostenendo che non gli sembrava giusto avere un “supplente” che non fosse del livello di Shade, intanto che aspettava che tornasse.
E non c’era nessuno che fosse mai riuscito a battere il suo ex-maestro.
Nessuno aveva avuto il coraggio di deluderlo e dirgli che Shade non sarebbe tornato affatto.


E poi c’era Randa, che era un discorso a parte.
Normalmente suo cugino era sempre più o meno intrattabile.
Ora era pericoloso,seriamente. Quando si aggirava per il rifugio, ammesso che mettesse piede fuori dalla sua stanza, quasi tutti gli giravano al largo preoccupati per ciò che era diventato: una polveriera sempre sul punto di scoppiare.
E il fatto che fosse propenso a fare a cazzotti con il primo scocciatore a tiro di certo non incoraggiava i due addetti alle squadre di ronda ad inserirlo come tutti gli altri guerrieri del clan nei turni di guardia.
Risultato? L’umore di Randa era precipitato da qualche parte sul fondo di un baratro MOLTO profondo. Ed era bastato a far capire a tutti che avrebbe rotto il naso a chiunque avesse tentato di mostrarsi pietoso\compassionevole\ancora peggio…solidale con lui.
Fine. Punto. Questo era il motivo per cui nessuno aveva osato porgergli le condoglianze, Anziani a parte.
Anzi, per la precisione: questo era uno. Il secondo era quello a cui ormai nessuno faceva caso da ben 17 anni, e cioè che Randa veniva da un altro clan e quindi che le sue beghe se le risolvesse pure da solo.


Non avendo altri obbiettivi su cui scaricare il senso di colpa, l’intero clan aveva deciso di voltarsi verso Caden, che sembrava il più coinvolto in tutta la faccenda. Non per niente era il fratello gemello di Shade…sembrava che bastasse a giustificare i sorrisi tristi che si vedeva rivolgere da tutti.
E il tono dolce e comprensivo come se ci si aspettasse che scoppiasse in lacrime ogni due minuti.
E i “se ti va di parlare, non farti problemi a venire a cercarmi!”.
In un primo momento Caden li aveva anche apprezzati, nonostante non fosse estroverso al punto di spalancare il cuore al primo che passava.
Quando aveva cominciato a scorgere l’ombra di paura dietro gli sguardi impietositi…solo allora si era accorto della realtà dietro lo specchio.
Il clan aveva paura.Com’era naturale che fosse, dopo che dietro a un’attesa di almeno milleduecento anni, il Noir si era presentato nuovamente.

“Bocciolo della morte
Del destino sono aperte le porte
E il cuor la via della vita
Più non controlla
Nel sole nascente
Nella luna che crolla.
Bocciolo nero,
giglio letale
Due strade per chi il pegno
Dovrà pagare…
Perire
O Errare”

La filastrocca del fiore nero era impressa nella mente di Caden da quando aveva tre anni. Era una delle prime cose che venivano insegnate ai piccoli Whisperer perché tenessero sempre a mente l’orrore che li aveva sempre perseguitati. Era il peggior flagello che potesse minacciarli, dopo i cacciatori umani.
La leggenda del Noir si protraeva attraverso la storia con tracce vergate col sangue.
Secondo le cronache più antiche e attendibili, si trattava di una maledizione scagliata dagli stessi uomini quando, nella notte dei tempi, i Whisperer avevano imparato a sottrarsi alle cacce che li avevano decimati.
Un retaggio, perché non si scordassero mai di essere prede.
Circa ogni mille anni, secolo più secolo meno, sulla fronte di un Whisperer compariva il seme da cui sarebbe sbocciato l’anatema…e a quel punto si raggiungevano le due strade citate nella poesia: la vittima doveva decidere, anche se si trattava di una ben magra scelta: morire tra i propri simili, attirando pericolo e calamità su di loro.
Oppure andarsene, e finire la propria vita in solitudine, scegliendo di immolarsi per salvare il clan.
Sul fatto che ci fosse una minima possibilità di sopravvivere non c’era storia. Quando Noir apriva i suoi petali, completando la fioritura, chiunque lo portasse sacrificava la propria vita. Non c’era scampo.


Il sangue che scorreva nelle vene di suo fratello aveva concesso un terreno fertile per il seme del giglio nero. Era una promessa di contagio praticamente certa . Avrebbe portato solo morte.
Eppure era stato così inaspettato…


Fino al 3 Gennaio di quello stesso anno, Caden, Tenah, Randa e tutti gli altri giovani del clan di Boston non avevano mai conosciuto l’Antico Flagello se non attraverso le storie, che comunque non abbondavano. Evidentemente gli adulti pensavano che fosse una cosa troppo crudele da inserire nelle favole per i bambini,filastrocca scema a parte.
Il 3 Gennaio, il giorno del suo compleanno.
Suo, e di Shade.











Author's note: Ok, dato che avevo il prologo già pronto ho pensato "perchè rimandare?"...eccolo qui. ^^ SPERO che sia venuto decente e non troppo palloso. Nel prossimo capitolo ci sarà un po' di più movimento, parola.


Be Blessed

Hannah


P.s: Questo è il mio primo tentativo SERIO di scrivere un libro...ho bisogno di aiuto. E del maggior numero di lettori possibili in grado di lasciare un commento o una critica costruttivi ai capitoli che posterò qui per permettermi di migliorare....qualcuno se la sente di darmi una mano? Q.Q

1 commento:

  1. Io l'avevo già letto mammo mammo!! XD bello!! Seguirò ogni tuo post u.u che fai ancora lì?!? SCRIVIIII! XD

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