sabato 1 agosto 2009

Sixth Drop:. After

Sixth Drop:. After

E' da un bel pezzo che non scrivo- perlomeno, che non scrivo qui. Mi ero prefissata di mettere qualcosa on-line ogni giorno, e invece non sono durata neanche un mese. Incostante come al solito -.-"

Anche Noir è fermo. Vorrei continuarlo- perlomeno, provarci. Ma non posso. Perchè? semplice. E' bastata una persona a farmi capire che era pieno-zeppo- di incongruenze. Che è noioso e i dialoghi sono fatti da schifo. Non vale la pena che prosegua, adesso, perchè lo dovrei rimettere del tutto a posto.

Leggendo il tutto ho detto "Ok". Sistemerò tutto quello che c'è da sistemare.
Però intanto che mazzata.
...
ecco il brutto di avere una dose troppo abbondante di orgoglio. Non mi va nemmeno di frignare per una recensione negativa, ma nel frattempo ogni volta che rileggo quelle parole sento un nodo allo stomaco.
Avrei potuto fare di meglio. POTREI fare di meglio.

...
vado a rileggermi Noir. Tanto vale che cominci a pensare come aggiustare le cose. Se lo lascio lì per troppo tempo Noine si arrabbia. V.v

Be blessed
-Hannah

P.s: non sono rimasta del tutto ferma nel frattempo-> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=380102

mercoledì 24 giugno 2009

Fifth Drop:. Pazzia

Domani compio sedici anni.

Sto cercando di convincermi a non cancellare tutto Noir.
Ci sto davvero provando.

Difficile da morire.


Ho dovuto nascondere la chiavetta usb perchè sarei capace di mandare in vacca tutto.

Non so perchè sono depressa, in realtà. Davvero. Ho cominciato a leggere per mio sommo masochismo qualche capitolo di Twilight e mi è venuta la nausea. Poi l'occhio mi è caduto sul nuovo capitolo di Noir, e ho avuto un secondo moto di disgusto.

Vampiri. Sto scrivendo roba convenzionale. Sto scrivendo roba tecnica. Fredda. Senza senso. Senza emozioni. Fa schifo. Fa orrendamente, oscenamente schifo. Orribile.

Allora ho cercato di raccattare le differenze tra quello scimunito di fama mondiale idolatrato dalle più che risponde al nome di Edward Cullen e l'ho confrontato con i miei vampiri. con il mio clan d'Aken.

Edward è freddo. Rafa è caldo.
Edward è granitico. Nio è morbido.
Edward luccica. Chandresh è nero.
Edward ama Bella. Lita odia - la maggior parte della gente.

Edward non è...vivo.

Tutti loro, sì.

Matta a considerare i personaggi come se fossero reali. Sono totalmente schizzata.

Lo so.

Ma alla fine, se in fondo al pozzo Stephen King aveva gli omini e Lara Manni un gatto fantasma, io ho Noine che sta seduto sul bordo del mio letto con il mento appoggiato su una mano.

Sento il suo sguardo fisso sulla mia schiena.
Ogni tanto si stira al raggio di sole che entra dalla finestra, sbadiglia e si accoccola meglio sul materasso, la schiena poggiata a parete. E mi chiede come sta andando.
E io come sempre gli rispondo che mi sto rompendo la testa.
ma che la loro maledetta storia non vuole raccontarsi da sola nè lasciare che la racconti io.
Ride.
E dice di continuare a scrivere.
E così avanti, una parola dietro l'altra. Sono solo al primo capitolo, ma se sono già in queste condizioni deprimenti mi domando cosa ne sarà degli altri.
Be blessed.
Hannah

domenica 21 giugno 2009

Fourth Drop- Part 2:.






New York. Quartier generale del clan Aken.

L’oscurità era in movimento.
Fremeva senza prendere forma realmente, rombando minacciosa mentre si guardava intorno, cercando un punto di riferimento. Separato dagli altri, non poteva affidarsi né sulla precisione di Chandresh né sulla vista acuta e infallibile di Midnight...
Unicamente sul suo istinto. E il nemico non attendeva che una sua distrazione per colpirlo, per ridurlo a un corpo inerte senza vita, senza volontà.
Qualcosa si mosse nelle tenebre.
Con un ruggito, Rafaèl si voltò di scatto e afferrò il suo avversario per le braccia, proiettandolo sul materasso e intrappolandolo con il proprio peso. Non si sarebbe lasciato certo fregare, lui. Nessuno poteva permettersi di attaccarlo nel sonno e farla franca e…
- Rafaèl. Dacci un taglio.
…e Chizuru gli stava indirizzando quella sua occhiata esasperata da “ho a che fare con un bambino troppo cresciuto.” Che accidenti ci faceva Chizuru nel bel mezzo di una battaglia? Quell’incosciente si era messa a fare l’infermierina di nuovo?!
- Vattene, Chizu!- bofonchiò. Merda. Il nemico era proprio sotto di lui, e si agitava per liberarsi. Gli strinse i polsi, puntellandoglieli ai lati del capo. Sarebbe bastato poco, ancora poco…un morso alla gola e festa finita. E un bel vaffanculo a quello stronzo che lo aveva svegliato.
- Vorrei, ma non posso.
Rafaèl batté le palpebre, perplesso, prima che l’irritazione consueta tornasse a stuzzicarlo: - Maledizione, ma perché tiri su rogne proprio adesso?- ringhiò, infastidito. Aveva di meglio da fare che stare dietro a una ragazzina testarda.
Il nemico lo guardò con fare annoiato e liberò senza troppe difficoltà una mano dalla sua presa,ma invece di strozzarlo come lui si aspettava gli appoggiò il palmo contro la fronte e con un gesto rapido gli tirò una pacca in mezzo agli occhi. Che strano. Aveva gli occhi di Chizu, i suoi stessi capelli e le stesse fattezze.
-Ahia! Brutto…
- Rafa. E’ solo un sogno. Svegliati.
Solo un sogno…

Breeeep. Breeeeeep.

Rafaèl Vesper Lùz sospirò di frustrazione e ficcò il braccio sotto al cuscino; le sue dita si chiusero automaticamente attorno al calcio della Magnum, liberando l’arma dalla sicura. Con un gesto indolente, il vampiro tolse dal nido caldo delle coperte la pistola, mirando ad occhi socchiusi. L’obbiettivo era a un paio di metri da lui. Per un cecchino come lui, impossibile mancarlo.

Breeeep. Breeeeeep.

Bang.

La radiosveglia sfrigolò e tremò sul suo sostegno con un gemito degno di un soldato morente e piombò sul pavimento senza ulteriori suoni. Il foro della pallottola fumava leggermente. Tondo e perfetto come stampato.
Attraverso, Rafa riusciva a distinguere gli ingranaggi e i meccanismi che regolavano l’apparecchio, nonostante la sua stanza fosse ammantata della soffice oscurità del riposo. Fino all’ultimo dettaglio metallico, come se ce l’avesse a un palmo dal naso.

Con un secondo sospiro si rivoltò a pancia sopra, lasciando che il lenzuolo gli scivolasse quasi impalpabile sul ventre liscio. Qualcuno lo aveva coperto dopo che si era addormentato. Era abituato a dormire senza coperte praticamente per tutto l’anno, a causa della sua temperatura anomala puntata costantemente a qualcosa come 47 ° . La stoffa appiccicata sui suoi muscoli gli dava una sensazione di fastidio assurdo.

L’aria era pesante e calda. Odorava di polvere e chip in corto circuito,di soda,e del sangue che gli era rimasto sulla pelle nonostante la doccia della sera prima. Da fuori penetrava il profumo di pancakes rimasti dal giorno prima e l’odore di fumo della sigaretta di Midnight.
E anche se non aveva nessuna voglia di provarci,Rafa sapeva benissimo che se avesse teso l’orecchio non avrebbe avuto problemi a sentire la voce dell’annunciatrice TV che dava il telegiornale e che piaceva tanto a Noine.

- Mierda. – sussurrò a fior di labbra. Il sentore tiepido di novocaina gli contrasse i lineamenti in una smorfia sarcastica. Riusciva a percepire ancora il sapore dell’anestetico con cui Chizu gli aveva tamponato la bocca, spaccata dall’uppercut di un vampiro in cerca di rogne la sera prima.
Rafaèl rimise la sicura alla Magnum e la infilò al suo posto sotto il cuscino, come d’abitudine, sfiorando il calcio della pistola prima di abbandonarla di malavoglia.
Poco ma sicuro, Lita se ne sarebbe venuta fuori per l’ennesima volta con la tiritera con cui lo bersagliava da quando aveva preso la piega di nascondere almeno un’arma nel proprio letto.
“Un giorno o l’altro ti farai saltare la testa da solo.”
Rafa sorrise lievemente:- Non oggi,sorellina.- commentò tra sé, spingendo pigramente le gambe fuori dai bordi del materasso.
Meglio alzarsi, prima di appiccare fuoco al letto. Era già successo un paio di volte, quando era rimasto troppo a lungo a crogiolarsi nella branda, e anche se non si era fatto assolutamente nulla non era un’esperienza che teneva a ripetere.
Le molle cigolarono così forte che sembrò si fosse mosso un intero esercito. Rafaèl si rizzò in piedi, stirando i muscoli intorpiditi dal sonno, e vibrò un calcio alla sbarra di ferro che sosteneva la rete del letto, piegandola parzialmente:- Prima o poi ti dovrai pure scassare del tutto.- bofonchiò tra i denti.

Lo sguardo gli cadde automaticamente alla finestra: la penombra della stanza era sufficiente perché il vetro gli rimandasse l’immagine appena accennata della sua figura. Stringendo gli occhi a fessura, il vampiro ne seguì i contorni.

Niente di nuovo. Si era addormentato di nuovo senza sciogliere l’elastico, e i capelli ramati che gli incorniciavano il viso avevano preso la piega della piccola fascia di stoffa, penzolante da una ciocca in cui era rimasta impigliata. Gli occhi normalmente castano cioccolato, intenso e vibrante, baluginavano di bragia. I postumi della caccia. I pantaloni da tuta che usava come sostituto del pigiama gli cadevano bassi sulle anche, ma tanto non era un problema: in un clan formato quasi da soli maschi nessuno si sarebbe scandalizzato se anche i vestiti gli erano larghi abbastanza perchè gli ballassero addosso. Piuttosto, Noine gli avrebbe ricordato di tirarsele su, neanche fosse un pupetto di due anni.

E infine, le cicatrici.

Rafaèl alzò un braccio in un gesto meccanico e sfiorò la più vicina: una lunga stria argentea che gli segnava il fianco, scivolando sinuosa da dietro la sua schiena sul davanti e disegnava piccole spire robuste sulla sua anca. Al buio ognuna sembrava rilucente di luce propria…fuori, alla luce del sole, nessuno le avrebbe notate sulla sua pelle. Che non aveva alcuna intenzione di mostrare, comunque:sotto l’istinto predatore da vampiro, permaneva ancora la natura da Whisperer assopita in lui, e gli diceva chiaramente che il filo di luce che filtrava da uno spiraglio delle persiane era qualcosa da cui doveva tenersi alla larga.

Il resto non era granché. Occhiaie sotto gli occhi, la strana prominenza aliena delle ossa sottopelle - nonostante non mancasse certo di muscoli- le vene pulsanti e visibilmente gonfie e i tendini tesi.
I segni purtroppo davano conferma ai suoi sospetti.

Un vampiro beve in media dai sette agli otto litri di sangue in una settimana. Di più, se è stato creato da poco. Se non si nutre abbastanza, sintomi come l’ipersensibilità e l’aspetto da redivivo erano più che normali.
Per Rafa, volevano semplicemente dire che la caccia della nottata era stata un clamoroso spreco di forze, e che Noine avrebbe fatto meglio a non fargli la predica se non voleva ritrovarsi la testa girata al contrario, dato che era colpa solo sua se non era sazio.

L’assassino scosse il capo, ricacciando indietro i capelli che gli piovvero sul viso con una manata impaziente, bofonchiò un’imprecazione e attraversò a larghe falcate il disordine che imperversava cronico nella sua stanza scavalcando pile di libri e dvd, mappe, gli anfibi che portava normalmente e un paio di giocattoli che Radu gli aveva gentilmente lasciato sul pavimento prima di scapparsene via.
Lasciò i vestiti sulla sedia dove li aveva lanciati la sera prima, uscendo dalla stanza così com’era. I pantaloni della felpa che usava come pigiama tenevano maledettamente il caldo, accentuando la fonte di calore che sgorgava spontanea dall'interno del suo corpo, lì dove ardeva il fuoco. Ma Noine aveva la brutta abitudine di approfittare dei sottoposti già lavati e vestiti per spedirli a fare commissioni, e al momento l'ultima cosa che Rafaèl voleva era farsi dieci isolati di corsa - sui tetti, come sempre.
La luce che attraversava i vetri delle finestre aperte disegnava ghirigori sul pavimento di legno di rovere, illuminando qui e la graffi e tasselli strisciati. Lunis aveva rinunciato a spendere fior di quattrini per riparare ciò che gli stessi guerrieri del clan d'Aken, sia adulti che in tirocinio, avrebbero fatto fuori di nuovo nel giro di un giorno solo.
Rafaèl lanciò un’occhiata alla parete e tirò avanti noncurante, come se la crepa – una delle tante, ma all’occhio vigile del padrone di casa non sfuggiva nulla- che aveva increspato il muro appena fuori dalla sua camera non esistesse minimamente, e si infilò in cucina.

- Hai sparato di nuovo alla sveglia.- lo accolse Midnight, senza alzare gli occhi grigi dal Times, in tono rassegnato.
- Lei rompe le palle a me, io rompo gli ingranaggi a lei. Mi pare equo.- Rafa aggirò il compagno, scompigliando i capelli di un assonnatissimo Radu che rimestava i suoi cereali con gli occhioni fissi nella scodella, con tutta l’aria di essere a un passo dall’addormentarsi con la faccia nel latte.
Midnight non si arrese:- A quanti buchi siamo?- incalzò, sbirciandolo. Le sopracciglia folte davano alla sua espressione già di per sé decisamente scazzata ancora più esasperazione.
- Vediamo…tre? O forse quattro?- Rafaèl si sedette di fianco a Lita, una volta tanto presente, e le rubò il toast di sotto al naso, addentandolo con foga.- Ho perso il conto.
Lita gli tirò uno schiaffo sulla nuca:- Molla, bastardo.- ringhiò, minacciosa, mostrandogli i canini che avevano già cominciato ad allungarsi. – è roba mia.
Rafaèl le sorrise angelico e le soffiò un bacio:- Buongiorno anche a te, dolcezza. Oggi sei più bella del solito.- rispose, facendo sparire in due morsi quello che restava del furto e leccandosi le labbra per raccogliere le briciole. La marmellata era assurdamente dolce già di per sé, attraverso le papille rese ipersensibili dalla sete era una specie di esplosione all’albicocca.

Lita sorrise sarcastica:- Al contrario di qualche ebete che sembra appena uscito dalla tomba.
Il vampiro aggrottò le sopracciglia:- Sul serio?- chiese.- Non mi pare che Midnight stia così male…- il giornale volò a mezz’aria ridotto ad una palla informe.
Rafa lo schivò, sogghignando. I canini troppo lunghi gli ferirono il labbro inferiore, spandendo nella sua bocca il sentore acre del sangue. Fece una smorfia: insoddisfacente. Quello umano era molto più buono. Anche quello Whisperer. Prese dal piatto in centro alla tavola un pancake che trasbordava di sciroppo d'acero e se lo ficcò in bocca quasi intero,per spazzare via il sapore dell'emoglobina prima che potesse stimolarlo a cercare qualche fonte più saporita.

Qualcosa troppo caldo gli schizzò il torace e parte dei pantaloni. Rafaèl si tirò lievemente indietro, per nulla infastidito dal calore.
Radu aveva ceduto al sonno e ronfava beatamente sul tavolo davanti alla scodella rovesciata, un pollice cacciato in bocca e i capelli fulvi bagnati di latte; quando il fratello maggiore lo prese in braccio per pulirgli il visetto ovale da quel che restava dei cereali emise un piagnucolio indistinto, accoccolandosi istintivamente contro il petto del vampiro.
Rafa lo lasciò fare, paziente:- Che c’è, niño? Dormito poco?- domandò dolcemente, scostandogli con cautela la frangetta arruffata e umida dalla fronte. Alzandosi lanciò un’occhiata seria a Midnight :- Nio ha sognato di nuovo?

L’interpellato accartocciò quello che restava del giornale e lo buttò in un angolo:- Più forte dell’ultima volta. Ha svegliato Chanda, Noine e Lunis…che era tre piani più in su. Radu dormiva nella stessa stanza… è stato una specie di bombardamento, per lui.
-Perché Chandresh non mi ha buttato giù dal letto? Potevo aiutare.
- Ieri sera eri troppo stanco per sostenere uno sforzo del genere; quella maledetta visione è stata pesante addirittura per Lunis, che è abituato a questo genere di cose.
- E allora? Non sono così debole.
- No, ma la sete ti debilita. Più di noi, per colpa del tuo Dono.

Rafaèl ringhiò piano; odiava sentirsi rinfacciare i lati negativi del suo potere. Si concentrò perché il calore irradiato dalla sua irritazione non passasse alla sua pelle e scottasse Radu:- Non sono ancora così debole.- ripetè, testardo.- Da come la metti sembra che tu stia parlando con un ricoverato.
Lita sbuffò, finendo di asciugare il tavolo:- Siamo sicuri? -chiese sarcastica, incrociando le braccia al petto. - Ultimamente perdi colpi.
Rafa ringhiò anche a lei, i canini che si allungavano pericolosamente:- Fino a prova contraria sono ancora io quello che apre la strada, prima che tu arrivi con quella specie di stuzzicadenti – gettò un’occhiata allo stiletto che pendeva dalla cintura di jeans della ragazza - a finire di giocare con quello che resta.
-Non è che mi tocca chiamare la neuro per verificare se hanno uno piromane demente in meno, vero?
Rafaèl la guardò storto, il poco di pazienza che aveva quasi del tutto evaporato:- Inculati.- sbottò, cupo.

Lita sogghignò, si chinò su di lui e prese tra indice e pollice il cavallo dei suo pantaloni, tendendo la stoffa. Sfoderò il suo miglior sorriso da troietta:- Vuoi provarci tu, marmocchio?- chiese,con un sorrisetto di scherno, indicando le macchie biancastre di latte rimaste sul blu scuro del tessuto.
Rafa si alzò in piedi. Dal suo 1,80 di statura le occhiate dall’alto in basso gli riuscivano benissimo: - Nah, “decrepita”,“manesca” e “psicopatica” non rientrano nei miei standard di donna con cui andrei a letto volentieri.- la rimbeccò, mostrandole le zanne. Le schiaffò via la mano con un brontolio sordo.- ora, se vuoi scusarmi, ho di meglio da fare.

Radu lasciò ciondolare la testolina sulla spalla scura del fratello maggiore mentre il Whisperer aggirava la pozzanghera di latte colata sul pavimento e marciava verso il corridoio; Rafaèl lo sentì sbadigliare sonoramente e nascondergli il visetto contro l’incavo del collo, e gli accarezzò i capelli per riflesso, come se il gesto lo potesse aiutare a calmarsi un po’.

“Tanto è colpa sua.”
Il vampiro sporse le zanne in un brontolio sordo. Ovvio che è colpa sua- commentò tra sé, aprendo con un calcio la porta della sua stanza. Guardando la serie di buchi sul muro e di bruciature di sigaretta sulla moquette fu quasi soddisfatto di aver rovinato entrambi.
Perfetto. Prima la sete- anche quella, fatalità, colpa di Noine che non gli aveva lasciato più di due ore per nutrirsi- e adesso quella bella novità. Quello stronzo stava rischiando seriamente il collo.
Posò Radu sul letto. Il bambino mormorò qualcosa e cercò di rannicchiarsi a pallina per mettersi più comodo, ma Rafaèl lo sostenne con fermezza, tirando il cuscino contro la testiera del letto perché il fratellino potesse appoggiarvisi contro con la schiena:- Non crollarmi, niño…- bofonchiò.- prima ti cambio, poi te ne puoi andare a nanna.
“ E poi posso andare a dirne quattro al caro paparino.” Aggiunse, in silenzio.

Fino a prova contraria Nio era suo fratello. E checché Noine ne pensasse, era suo dovere occuparsi di lui.
Specialmente adesso.
Rafaèl sbuffò, guardandosi intorno. Aveva bisogno delle sue Seven Stars, possibilmente subito, per scacciare il misto di nervoso e angoscia che gli stringeva lo stomaco.

Se Nio sognava significava una sola cosa.

Guai.

***

Il vampiro era accosciato morbidamente su un fianco, acciambellato sotto al lenzuolo candido come un gatto. I capelli neri dipingevano tocchi d’inchiostro sulla stoffa cerulea del guanciale, scompigliati dal sonno.

Lunis appoggiò la nuca contro lo scanso del muro. Era seduto dalla parte opposta della stanza, sull’ampio davanzale della finestra chiusa, ma la collera di Rafaèl lo raggiungeva come fosse stato lì, di fianco a lui:- Tuo “figlio” è incazzato come una biscia.- avvertì, tranquillo.
Noine esibì un sorrisetto:- Lo so…riesco a sentirlo perfettamente da qui. Una sfilza di invettive.- rise tra sé, prima di abbassare gli occhi sul piccolo dalle fattezze umane che stava raggomitolato a pallina contro il suo petto. – Non che mi aspettassi diversamente, da lui.

La pelle di Nio era tanto scura da fare un contrasto spaccato con la cute bianca del capoclan, come una macchia di cioccolato fondente sulla panna. Indossava un pigiama a maniche corte azzurrino e respirava piano, il petto che si alzava e si abbassava con movimenti quasi impercettibili.
I suoi occhi erano ancora sfumati di argento, al centro, lì dov’era passato il sogno.

Noine lasciò che il sogghigno divertito lasciasse posto a un dolce sorriso e gli fece correre le dita lungo il fianco scosso da deboli brividi. Quando il bambino gli appoggiò una manina contro il torace, all’altezza del suo cuore, gli accarezzò una guancia:- Sto bene, piccolo mio.- affermò, in risposta a una domanda muta.- Non temere.

Nio sembrò rassicurato dalle parole dell’adulto. O forse era troppo stanco per essere preoccupato per lui. Premette la fronte sullo sterno di Noine, le ciglia biancastre abbassate sugli occhi.
- Non è una reazione un po’ esagerata?- chiese Lunis, lanciando un’occhiata al suo interlocutore. Niente più che un’abitudine, dato che era cieco. La sua mano si alzò per un attimo a spazzare via una ciocca di capelli dalla sua spalla-Prendersela in quel modo e inveire contro Lita mi sembra un comportamento un po’ immaturo.
Noine scosse piano il capo:- Lita non ha ancora perso il vizio di punzecchiare chi sente come un proprio pari. Si è cercata una risposta adeguata. E poi ormai dovresti averlo imparato, considerato che sei parte del clan d’Aken da 700 anni: Rafaèl è tanto facile alla collera quando il fuoco che domina.
- Ma quella che sta provando mi sembra fuori misura.

Nio si stirò piano e si mise a succhiarsi il pollice , per poi soffocare un gemito. Noine gli tolse il dito di bocca gentilmente e ripulì con un polpastrello le due goccioline di sangue che si stavano formando lì dove il piccolo si era accidentalmente ferito con i canini già aguzzi:- L’influenza di Aniol è ancora viva; è possibile che sia quella ad influenzarlo. Si calmerà. – scrutò la finestra. Il cielo, terso dopo l’acquazzone di qualche ora prima, stava cominciando a offuscarsi sotto la cappa di vibrante calore estivo. – È fatto così, Lunis. Ha reagito male perché sa cosa gli dice l’istinto, ed è preoccupato.

L’umano annuì. Sapeva benissimo cosa intendeva.
L’istinto parlava per tutto il clan.
-E comunque non ti preoccupare. Sbollirà presto. Lo lascerò andare a caccia, appena avrà finito con Radu.
- Non mandi nessuno con lui? Potrebbe essere rischioso spedirlo per le strade da solo in pieno giorno, nella sua condizione.
- C’è Chanda ancora in giro, non preoccuparti. Gli chiederò di dare una controllata a suo fratello.
Lunis tirò le ginocchia contro il petto, sistemandosi meglio nel suo angolino:- Ricognizione?- domandò.

Noine annuì meccanicamente. Abitudine,anche se sapeva che Lunis non poteva vederlo:- Ha chiamato Cal, stamattina presto. Dice che ha notato qualcosa. – lanciò un’occhiata assente fuori dalla finestra.- E ora lo sento anch’io.
- Qualcosa di grosso abbastanza perché tu lo percepisca, e allo stesso tempo così piccolo da sfuggire a me. - rimarcò l’uomo,grattandosi distrattamente la rada barba che gli copriva il mento.
Il vampiro increspò le labbra, lo sguardo ceruleo ancora fisso all’esterno:- Non ho la più pallida idea di che cosa possa essere.- ammise.- è da quattro mesi circa che avverto questa sensazione, e adesso è salita di livello. È come esplosa.- Fece una pausa, sfiorando i soffici capelli di Nio ( ormai abbandonato a un sonno leggero e senza sogni).
Tacque, lasciando in sospeso il suo ultimo pensiero.

Un risveglio.


Author's note: Fuori il primo capitolo in due pezzi...è da due mesi che ci lavoro e finalmente è andata =.=. un'opinione? Che. Parto. X__X sono MORTA.

morta ma contenta. Finalmente è andata...ora posso dedicarmi tranquillamente a Silvery Butterfly ( la fic di cui ho fatto pubblicità occulta qui su Drops of Ink XD) e Advent Children, su cui sto lavorando per un fandom di un forum. E senza sentirmi in colpa perchè ho trascurato questa storia! Weeeh!

Spero che il capitolo risulti abbastanza decente. Ho avuto difficoltà a buttarlo giù, forse perchè sto ancora prendendo confidenza con i personaggi...qui finalmente incontriamo Shade di cui si è parlato nel prologo e il mio disastrato clan di vampiri. Tra un po' vedremo anche altra gente entrare in scena ;) Don't worry.

Per ora, me se ne torna a scartabellare un po' di cosette.

Be Blessed

Hannah


















Fourth Drop:.











Fourth Drop:. - Capitolo 1. Awakening




New York. 4 mesi e 15 giorni dopo.






Plic.



Qualcosa gli piovve sul fianco scoperto e si insinuò tra i due labbri gonfi e doloranti della ferita che lo squassava. Bruciò quanto un graffio di rasoio, in paragone con il continuo pulsare sordo che sentiva sotto la pelle calda, febbricitante.



Plic.





L'epicentro lo conosceva. Era quello squarcio che gli attraversava il torace dal centro del ventre fino all'anca, lasciato all'incuria dalla sua incapacità di trovare un minimo d'acqua pulita per medicarsi.



Plic.





Un'altra goccia. Venne giù come una gemma, gli sfiorò la palpebra chiusa e poi rotolò via, ridotta a una semplice lacrima.
Una delle tante degli ultimi giorni. L'unica differenza era che questa non l'aveva pianta lui. Era animata di vita propria...una sottile, impalpabile carezza.





Plic.





Shade aprì gli occhi lentamente, fissando il muro spoglio e coperto di graffiti davanti a lui. Il dragone rosso scolorito dallo smog e dalle piogge degli ultimi tempi appariva come un bizzarro serpente rovesciato, con il muso puntato verso un cielo grigio che si stagliava oltre le cime scure dei grattacieli e le grandi ali protese a cercare il vento per alzare l'immenso corpo.
Il Whisperer si girò, premendo la schiena contro il cartone lacero che per quell'ennesima notte gli aveva fatto da giaciglio.




L'orologio digitale appeso al primo piano, sopra l'insegna del negozio di antiquariato che stazionava proprio di fronte al vicolo in cui si era trascinato la sera prima, segnava solo le quattro e mezza della mattina. La volta che sovrastava la città era schiarita dai primi raggi fievoli del pallido sole di tutte le mattine estive.
“ Di nuovo l'alba.”
Solo le 4 e mezza.
“ Ho dormito tre ore scarse...” Shade si portò una mano al viso e si strofinò la base del naso, tentando di scacciare la confusione che gli regnava nella testa per fare due conti decenti. Si era addormentato con la speranza di riuscire a superare almeno un po' il dolore al fianco e la morsa di scarsa lucidità in cui lo aveva costretto la febbre, ma nemmeno quel poco di riposo che era riuscito a racimolare era stato sufficiente a scacciare ciò che nemmeno imbottendosi degli antidolorifici che aveva rubato in farmacia erano riusciti a dominare.
“ Tre ore e mezza...forse due?”
Non lo ricordava. I dettagli della nottata precedente erano nebulosi e insicuri. Posti in cui era andato, cose che aveva visto…tutto sbiadito.
“ Se non riesco nemmeno a ricordarmi come e quando sono finito qui sono a posto.” si disse.



C'era qualcosa...sulla fronte. Un grumo secco e cedevole. Sentì un dolore acuto quando premette troppo e la chiazza frastagliata che gli era rimasta dall'ultimo scontro con due poliziotti gli scoppiò in una bolla di sangue.
-Merda...
Il liquido cremisi gli scivolò lungo la tempia sinistra e gli rigò la guancia, scendendo fino a trovare sfogo in un minuscolo buco del cartone. Una macchia scura sulla carta e sull'asfalto ancora più sotto.




Shade si raddrizzò in fretta, facendo leva sui gomiti, e si coprì precipitosamente il taglio. Il sangue gli colò tra le dita e gli inumidì il bordo della manica della felpa, precipitando in gocce concentrate sulla stoffa morbida e stinta dell'indumento. Il Whisperer non se ne curò, tirandosi la manica fin sulla punta delle dita per cercare di tamponare il danno.
“ Sempre meglio addosso a me che dove lo possono fiutare facilmente.” commentò tra sé, a denti stretti mentre il dolore gli inviava un tremito lungo la schiena.
Conoscendoli, i cani dei cacciatori avrebbero comunque sentito l'odore del fluido che gli era rimasto addosso, ma in ogni caso sarebbe stato più facile liberarsi della felpa piuttosto che tentare di cancellare a mani nude la macchia dalla strada.




Una fitta.
Il gesto gli era costato una protesta sonora dall'altra ferita. Shade gemette appena, e appoggiò la mano libera contro il fianco offeso come per cercare di blandire il dolore.
Muoversi gli faceva male. Male da morire.
L'allenamento a cui era stato sottoposto come tutti quelli del suo clan ancora da prima di imparare a camminare era stato un appoggio vitale negli ultimi quattro mesi e mezzo. Ma anche ciò che sapeva sulle tecniche per dominare il dolore stava andando in vacca...non riusciva a sopportare tutto quello che subiva, come era stato capace una volta. Troppe cose, e tutte in una volta.




Per la strada attigua risuonò il rombo del camion rifiuti.
Shade lanciò un'occhiata di traverso all'imboccatura del vicolo e accantonò anche il desiderio di rimanere dov'era per altri cinque minuti, o dieci, o quel che serviva perchè il fianco smettesse di fargli così maledettamente male.
Gli umani erano in arrivo. E dato che la maggior parte di loro sembrava incappare in lui di proposito, nonostante non lo vedessero (fingevano?), facendo chiaramente capire che per quanto innocenti sembrassero erano invischiati quanto lui in quella dannata faccenda, era meglio darsi una mossa. Aveva disperatamente bisogno di riposare anche solo qualche ora in più, ma fermarsi lì sarebbe stato un suicidio.




Ormai sapeva come gli esseri umani reagivano alla loro vista. Gli anziani erano stati categorici su questo punto. E il brano in cui uno dei loro storici più autorevoli descriveva la loro razza e le continue cacce a cui era stata soggetta era ancora stampato a lettere di fuoco nella sua mente.
Così come gli avvisi di essere sempre estremamente cauti, in superficie.




Shade afferrò il primo piolo della scaletta antincendio di fianco a lui, tirandosi faticosamente in piedi, con la netta sensazione di essere a un passo per spezzarsi in due. Il taglio che gli attraversava il torso stillò la sua vendetta per quel movimento indesiderato, con rabbia. Prima o poi si sarebbe riaperto, se non fosse riuscito a trovare qualcuno che lo aiutasse a curarsi, ma rintracciare altri Whisperer a New York era pressoché impossibile... e anche se fosse riuscito a scovarli non si sarebbe avvicinato, neanche se fosse stato in punto di morte.
Scappare dal suo stesso clan per non coinvolgerli nella minaccia che incombeva su di loro altrimenti sarebbe stato inutile.




Il mondo traballava lievemente. Scosse il capo, tentando di schiarirsi la visuale, e si lanciò un'occhiata intorno.
Sulla vetrina di fianco a lui, opaca del rivestimento interno plasticato, la sua immagine gli restituì lo sguardo: un adolescente un po' minuto per i canoni della sua specie, con due cerchi sotto gli occhi come se avesse preso due cazzotti in faccia da un pugile. I capelli scuri gli cadevano arruffati sulle spalle. Erano stati lisci, una volta, ma ora la sensazione delle ciocche leggere a ricadergli intorno al viso era solo un ricordo: aveva rinunciato a prendersene cura già da molto tempo, tagliandoli irregolarmente quando diventavano troppo lunghi. La pelle verde che fino a quattro mesi prima era stata di una morbida sfumatura pastello era pallida e slavata, tesa sul suo viso e contratta sulle nocche, in spaccato contrasto con l'ombra delle occhiaie.




L'ombra.




Sembrava fosse calata su di lui come una rete invisibile e impossibile da togliere: gli copriva la cute come una colata, rendendo ogni dettaglio del suo viso più spigoloso e tagliente.
Perfino l'impalpabile spruzzata di efelidi che aveva cominciato ad affiorargli sugli zigomi e sul naso sembrava una macchia di sporco. Se la sfregò con la manica meccanicamente, tentando di cancellarla, gli occhi puntati sull'alter ego che gli rimandava la parete.




Occhi che il vetro colorava d'ambra. Una colata di miele che invece di essere limpida lasciava affiorare deboli bagliori di inquietudine e frustrazione.
I suoi occhi.
Gli unici che aveva visto da quattro mesi a quella parte ogni volta che si era svegliato davanti a uno stupido negozio umano.




Shade spostò le dita dalla ferita a mezzaluna sulla sua tempia fino al centro della sua fronte, incontrando il rilievo del Marchio. L'unica cosa positiva della sua condizione attuale era che il simbolo nero e lucido che normalmente sarebbe stato distinguibile a vista da chiunque era opaco e spento, come sotto una patina. Nemmeno un sole abbagliante sarebbe stato capace di farlo risplendere.




Noir, il fiore della morte, sembrava in uno stato di stasi. I petali erano ancora chiusi, avviluppati intorno al minuscolo bocciolo nato tra i due virgulti che si allungavano pigri lungo la pelle del giovane Whisperer, ma si poteva distinguere nettamente il bordo delicato della corolla e le gocce che la imperlavano.
Rugiada.
Shade fece una smorfia.
Il Noir era umido di rugiada come se fosse stato un fottuto, comunissimo giglio in un altrettanto comune campo erboso. Lì, stampato su di lui, fremente di chiazze umide, come a ripetergli che era un organismo vivente- non un semplice marchio.
Come se Shade non ne fosse già convinto.




I tatuaggi non spuntano da un giorno all’altro.
I tatuaggi non crescono e maturano mano a mano che passa il tempo.
I tatuaggi, perlomeno quelli normali…non ti costringono a fuggire di casa per paura che i tuoi familiari, i tuoi amici, tutti quelli che ti hanno visto crescere rimangano traumatizzati dalla tua morte o ne vengano coinvolti.




Il rombo del camion della nettezza urbana si fece ancora più vicino. Il Whisperer si chinò a raccogliere la coperta su cui si era steso per dormire, la piegò, se la mise sotto il braccio e, senza un solo rumore, si avviò verso il labirinto dei vicoli e delle strade secondarie. Entro poco avrebbe fatto caldo, e allora gli umani sarebbero stati dovunque.
Anche se nessuno avrebbe mai notato la sua fuga.

°°°

Il cielo era nero pece,con stelle lontane e troppo luminose che lo trafiggevano come spilli sul velluto. La luna era alta e piena, risplendeva di crudele luce bianca invece di coprire la sua fuga.
I cani abbaiavano. Uno di loro lo aveva già morso alla gamba, quando gli umani erano riusciti a penetrare nella tana. La scia di sangue che lasciava sugli arbusti avrebbe guidato i segugi ringhianti sulle sue tracce…poteva quasi sentire nei brevi latrati vibranti che lanciavano tutta il desiderio di affondare i denti nella carne della preda.
La piccola gli piangeva addosso, appoggiata sulla sua spalla, ancora imbrattata del sangue dei loro genitori. Avrebbe voluto dirle di non guardarsi indietro, ma non aveva tempo di fermarsi a consolarla, anche se ogni suo singhiozzo soffocato sembrava lacerarlo da dentro.
“ Non voglio. Non voglio morire sentendola piangere.”
Sopra alla confusione vibrante dei cani, sentiva le voci degli uomini che li seguivano. Erano a cavallo. Gli zoccoli percuotevano il suolo del bosco, aumentando a dismisura le vertigini che lo accecavano. Aveva perso troppo sangue? O troppo poco? Era abbastanza per ucciderlo prima che lo prendessero loro?
Sua sorella si strinse a lui; le sue lacrime bollenti gli lasciarono scie lucide sulla pelle sudata, coperta da un velo di polvere e sangue pesticciato:- Mamma…- chiamò con voce tremula.
Il Whisperer si concentrò sul sentiero invisibile che stava seguendo, lottando contro il nodo che gli stringeva la gola, ma quell’unica parola continuò a rimbalzargli in testa.
Mamma.
Avevano dovuto lasciarla, insieme al fratellino nato da poche lune. Ora poteva solo sperare che fosse già morta.
- Koto…dov’è la mamma?
Gli faceva male il ventre dove l’avevano colpito di striscio. Non le rispose subito,c orrendo tra gli alberi, un tronco dopo l’altro dopo l’altro come pallidi spettri. Fu come sentirsi pugnalare di nuovo quando la voce flebile di Arui si fece sentire.
- Non lo so.
Arui rimase zitta, la testolina premuta contro il suo collo, ma lui percepì le unghiette corte della bambina piantarsi nella sua schiena in un inutile sfogo. Koto sapeva che sua sorella avrebbe voluto mettersi a gridare e a piangere, ma che non l’avrebbe fatto. L’aveva promesso.

Qualcosa sibilò tra gli alberi, e all’improvviso fu come se qualcuno gli avesse dato fuoco, mentre un dolore lancinante gli esplodeva dal ginocchio sinistro. Cadde, riuscendo a risparmiare Arui da una caduta disastrosa a costo di battere pesantemente il fianco e la spalla. Mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime di dolore e panico, abbassò lo sguardo: un quadrello da balestra, profondamente conficcato nella sua gamba, all’altezze della rotula.
Koto soffocò un lungo gemito di sofferenza e si trascino avanti per ancora qualche metro, prima di ricadere. Arui si mise in piedi da sola e gli prese la mano, cercando di tirarlo avanti.
- Alzati!
Faceva troppo male, i cani erano troppo vicini. Poteva sentire quasi il loro fiato bruciante.
- Alzati, Koto, per favore!
Strinse la mano libera attorno all’asta del dardo e tirò con tutte le sue forze. La freccia uscì con riluttanza, con un cigolio straziante. La lasciò cadere nell’erba, disgustato.
Arui aveva le lacrime agli occhi.
-…ti prego...alzati…alzati…
Di nuovo quel fischio metallico. Koto afferrò sua sorella per un braccio e la tirò sotto di sé.
Il quadrello si piantò nella sua schiena con fredda precisione, poco sotto il cuore. Sentì il corpo di Arui tremare forte, poi irrigidirsi, quando il sangue cominciò a colare lungo la punta metallica che gli sbucava dal petto. Qualche goccia le cadde addosso.
Lo guardò,smarrita. Nei suoi occhi si rifletteva la luna.
Koto la spinse via con uno sforzo che sembrò enorme.
- Vai via.
Arui scosse la testa. Prima piano, poi più violentemente.
- Vai via. Cerca il resto del clan, ti proteggeranno. Vattene.
Si mise a piangere, allontanandosi da lui; arretrava,ma continuava a fare cenno di no.
-Non mi lasciare.
Il Whisperer appoggiò la guancia contro il terreno umido. Cominciava a non vederci più. Anche il suono degli umani in avvicinamento era distante, lontano.
- Ti voglio bene.
Non sentì mai la sua risposta.




Shade si svegliò per la seconda volta di soprassalto e scattò a sedere, ma era già troppo tardi. L’auto lanciata in corsa passò di fianco al suo misero rifugio di cartoni e investì in pieno la gigantesca pozzanghera che l’acquazzone aveva formato in uno scanso del marciapiedi, colpendolo con una frustata fredda e insapore, prima di sparire oltre il bordo del vicolo con un gran rombo di motore.
Lasciandolo fradicio e furente.
- Stronzo.- mugugnò tra i denti il giovane Whisperer. Era riuscito a conservare abbastanza bene gli indumenti, in modo da non doverne rubare di nuovi ogni volta che si rovinavano. Che arrivasse un deficiente qualunque a buttare all’aria il tutto con la sua maledetta Volvo argentata…
Umani.
Shade ingoiò l’irritazione che il brusco risveglio gli aveva fatto montare alla bocca dello stomaco e si asciugò con un gesto brusco il viso imperlato di minuscole gocce d’acqua di dubbia provenienza, mettendosi a sedere con le gambe raccolte contro il petto.
Se quel bastardo fosse passato un po’ prima almeno gli avrebbe evitato l’ennesimo incubo. Uno dei tanti che gli mandava il Noir.
Shade si strofinò gli occhi appesantiti dagli ultimi rimasugli di sonno:- Perché devi continuare a tormentarmi anche quando dormo? – mormorò, piantandosi le unghie intorno al leggero solco in rilievo del Noir.
Dal bocciolo nessuna risposta.
Il Noir ondeggiava leggero sulla sua pelle come scosso da una brezza lieve, stirandosi pigro al calore della sua fronte. Presto avrebbe cominciato a tremare.
Segno che doveva spostarsi, e presto.
Per l’ennesima volta.
Shade tirò un sospiro teso e si alzò in piedi, scrollandosi di dosso il cartone umido.



Si lanciò uno sguardo veloce intorno per controllare che il cappuccio della felpa fosse alzato a proteggergli il viso accalorato da sguardi indiscreti. Faceva maledettamente caldo, con quella roba addosso, ma almeno riduceva al minimo le possibilità che qualche umano lo vedesse. Fortunatamente se ne stavano quasi tutti alla larga, salvo qualche barbone un po' troppo indiscreto.



Un ragazzino malconcio che gira in vestiti pesanti con il caldo – soffocante, sceso ad opprimere NY solo negli ultimi giorni- era troppo strano per essere raccomandabile.




Azzardò un’occhiata guardinga anche alla strada. C’erano diverse persone nonostante la pioggia, molte delle quali senza l’ombrello… l’acquazzone doveva essere arrivato mentre dormiva.
Di norma avrebbe preferito non farsi vedere, considerato il brulichio consistente di umani che giravano per New York nonostante il tempo, ma se fosse rimasto ancora lì, completamente fradicio, avrebbe peggiorato la febbre.
E poi c’era il secondo nemico che si era trovato ad affrontare, oltre al rischio di stare più male ancora.
La fame.
Aveva lo stomaco annodato e dolorante, e la ferita non c’entrava stavolta.
C’era un piccolo negozio dall’altro lato della strada. Shade raccolse nel cavo della mano qualche spicciolo e si diresse verso l’insegna scrostata a passo veloce, superando un uomo che si proteggeva la testa con una cartelletta e uno in calzoncini e maglietta che correva con l’mp3 acceso, spingendo la porta.
Aperta, per fortuna. Si infilò nell’apertura scrollandosi di dosso l’acqua, sollevando una piccola nube di goccioline.




La commessa, una ragazza con eccentrici capelli blu elettrico quasi a spazzola, non alzò nemmeno gli occhi dal manga che stava leggendo con interesse:- Posso fare qualcosa per te?- lo apostrofò, senza guardarlo.
Il Whisperer si strinse nelle spalle, cacciando le mani fasciate dalle manopole di cuoio nelle tasche. Le monete tintinnarono contro la sua pelle:- No, grazie. – rispose, in tono basso, passando in fretta dietro al primo scaffale.
La ragazza voltò la pagine dal fumetto, lanciandogli un’occhiata rapida. Aveva occhi insolitamente chiari e così tanto argento in faccia, tra piercing e orecchini, da sembrare una divinità esotica.
Lo fissò per un istante che parve a Shade interminabile.




Il ragazzo chiuse i pugni. Il Noir, aveva scoperto, poteva influenzare la mente degli esseri umani in modo da confonderli. Poteva far credere loro di essere molto stanchi o confusi, in modo che pensassero fosse colpa esclusivamente della stanchezza se vedevano un barlume di pelle verde, quattro dita bendate invece che cinque o occhi troppo chiari.
Ma nonostante questa sottospecie di protezione illusoria Shade odiava sentire il proprio nervosismo raccolto e percepito da estranei. Era come farsi smascherare. Due volte.




-Come preferisci.-disse alla fine l’umana. Qualcosa schioccò nella sua bocca: un altro piercing che le decorava la lingua. –Se hai bisogno di qualcosa, chiama.
Shade annuì e sparì tra gli scaffali in fretta. La ragazza rimase a guardare il punto in cui era rimasto fermo ancora per un po’, aggrottando la fronte, prima di mordicchiarsi leggermente il labbro inferiore. Si tirò su leggermente i pantaloni che cadevano bassi sulle sue anche, e tolse di tasca un telefonino blu metallico decorato a intrecci neri a pennarello, sbiaditi.
- Finalmente qualcosa di nuovo...- commentò tra sé, a voce bassa, alzandosi e sparendo nel retro con il cellulare in mano. - chissà se a Noine interessa


***


Part 1\\ END


TBC in next Post

mercoledì 17 giugno 2009

Third Drop:.

Per chi è amante di inu Yasha, una storiella giusto per voi ^^ in attesa di riprendere Noir decentemente.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=370040&i=1

e se beccate Rafa, Silver e Nio leggendo...beh, si sono infilati loro lì dentro. li rivedrete molto presto anche qui. u.u

Be blessed

Hannah

lunedì 15 giugno 2009

Second drop:.- Prologue










.:Prelude:.


“ Nessuno è innocente, a questo mondo.
Semplicemente, uno non sa di aver già commesso peccato fino a quando non ha le mani sporche di sangue. Suo o altrui, fa poca differenza.
Non sono sicuro se gli esseri umani lo tengano in conto o no.
Un uomo è colpevole se uccide un altro uomo.

Ma se uccide uno di noi…?
Quello non conta.
Perché noi siamo prede.
Siamo stati cacciati dal genere umano fin dall’alba dei tempi, colpevoli di non essere abbastanza simili a loro per poter essere degni di condividere la loro stessa terra. Da millenni viviamo nell’ombra, nascosti, osando uscire solo la notte per riuscire a sopravvivere in un mondo che non ci appartiene.
Per noi non esiste pace, è un dato di fatto.
Io ne porto i segni.”
Shade



…La sorte è incerta, il dado tratto, la spada sguainata
Nelle loro mani,
il potere
di scegliere il proprio destino…

(Prophecies)






Boston, lair sotterraneo. Oggi.



Caden si appoggiò pesantemente al tavolo, premendo il mento sulle braccia incrociate. Gli bruciavano gli occhi a forza di guardare il monitor, e il ronzio del computer era fastidioso come quello di un nugolo di mosche.
Fastidioso quasi quanto il chiasso consueto del rifugio.
Cinque piccoli Whisperer si rincorrevano, giocando a sbucare qui e la tra le gigantesche colonne della stanza comune, i guerrieri più giovani che si allenavano si facevano abbondantemente sentire dalla palestra e gli anziani erano giusto fuori dalla porta del laboratorio a discutere di questioni burocratiche; come se non bastasse la radio era sintonizzata a tratti sul canale musicale, trasmettendo incostantemente gli ultimi successi musicali. Ogni tanto il motivetto vivace di “Still you do not answer” di una cantante famosa quanto ripetitiva si interrompeva per lasciare spazio a una diretta sportiva di calcio.
Un inferno. Non bastava il caldo, evidentemente.


I Whisperer non reagiscono molto bene agli sbalzi di temperatura. Caden, poi, detestava con tutto il cuore l’estate. Odiava l’ oppressione che dava l’afa, che nel piccolo rifugio sotto Boston era inspessita dal chiuso, odiava la morsa di arsura che gli serrava la gola e la sensazione che qualunque cosa facesse, anche la più piccola, costasse il doppio della fatica.
“ E devo ancora finire di compilare i moduli dei grafici.”
Ah già. Oltre a questo, anche il lavoro più tedioso che ci fosse nel rifugio, controllare uno per uno i fogli delle spedizioni in “superficie”, i danni riportati, le statistiche di incontri con gli umani. Tutte cose che l’uso del pc rendeva più facili, ma restava una palla mortale.
Una palla da adulti. Di solito c’era una sola persona che si dedicava a quel compito ingrato. Uno grande. Uno vaccinato e preparato ad affrontare il mal di testa micidiale che restava per mezza giornata.
Peccato che l’addetto se ne fosse partito con l’ultimo drappello.
A Caden fumavano le orecchie se solo ripensava a quello che gli avevano detto quando si era visto piazzare davanti un pacco di fogli da scannerizzare e una data di scadenza.
“ Pensa un po’, sei il primo di età inferiore ai 50 anni che riceve questo incarico. Non sei contento? È uno dei lavori fondamentali per tenere aggiornato il clan!”


Certo.
Contentissimo. Stava morendo di felicità.
Perché ovviamente è naturale avere 16 schifosissimi anni e farsi appioppare un lavoro da decrepiti per il semplice fatto di avere un Q.I fuori dalla media.

Tutto nella norma.

Avrebbero potuto anche dirgli in faccia che non volevano che partecipasse alle squadre di ronda per la sua scarsa inclinazione alla violenza. C’era da stupirsi che non lo avessero fornito anche di un bel cartello con su scritto “ attenzione: maneggiare con cautela!” come quello che era stato piazzato su Randa, dopo che aveva distrutto mezzo dojo per la frustrazione.
Caden tirò un sospiro esasperato.
Anche lui era rimasto distrutto dalla scomparsa di Shade, anche lui fino a due settimane prima avrebbe voluto sfasciare qualunque cosa –chiunque- gli desse fastidio. Ma non c’era riuscito, e il dolore era ancora annidato in profondità dentro di lui.
Cosa che sembrava autorizzare gli altri a trattarlo con una sorta di simpatia velata di compassione. L’avrebbero offerta anche ai suoi cugini se non fosse stato che Tenah ancora rifiutava di rassegnarsi e passava giornate intere a sbrigare i suoi compiti il più in fretta possibile per correre ad allenarsi. Faceva tutto da solo e non voleva alcun maestro, sostenendo che non gli sembrava giusto avere un “supplente” che non fosse del livello di Shade, intanto che aspettava che tornasse.
E non c’era nessuno che fosse mai riuscito a battere il suo ex-maestro.
Nessuno aveva avuto il coraggio di deluderlo e dirgli che Shade non sarebbe tornato affatto.


E poi c’era Randa, che era un discorso a parte.
Normalmente suo cugino era sempre più o meno intrattabile.
Ora era pericoloso,seriamente. Quando si aggirava per il rifugio, ammesso che mettesse piede fuori dalla sua stanza, quasi tutti gli giravano al largo preoccupati per ciò che era diventato: una polveriera sempre sul punto di scoppiare.
E il fatto che fosse propenso a fare a cazzotti con il primo scocciatore a tiro di certo non incoraggiava i due addetti alle squadre di ronda ad inserirlo come tutti gli altri guerrieri del clan nei turni di guardia.
Risultato? L’umore di Randa era precipitato da qualche parte sul fondo di un baratro MOLTO profondo. Ed era bastato a far capire a tutti che avrebbe rotto il naso a chiunque avesse tentato di mostrarsi pietoso\compassionevole\ancora peggio…solidale con lui.
Fine. Punto. Questo era il motivo per cui nessuno aveva osato porgergli le condoglianze, Anziani a parte.
Anzi, per la precisione: questo era uno. Il secondo era quello a cui ormai nessuno faceva caso da ben 17 anni, e cioè che Randa veniva da un altro clan e quindi che le sue beghe se le risolvesse pure da solo.


Non avendo altri obbiettivi su cui scaricare il senso di colpa, l’intero clan aveva deciso di voltarsi verso Caden, che sembrava il più coinvolto in tutta la faccenda. Non per niente era il fratello gemello di Shade…sembrava che bastasse a giustificare i sorrisi tristi che si vedeva rivolgere da tutti.
E il tono dolce e comprensivo come se ci si aspettasse che scoppiasse in lacrime ogni due minuti.
E i “se ti va di parlare, non farti problemi a venire a cercarmi!”.
In un primo momento Caden li aveva anche apprezzati, nonostante non fosse estroverso al punto di spalancare il cuore al primo che passava.
Quando aveva cominciato a scorgere l’ombra di paura dietro gli sguardi impietositi…solo allora si era accorto della realtà dietro lo specchio.
Il clan aveva paura.Com’era naturale che fosse, dopo che dietro a un’attesa di almeno milleduecento anni, il Noir si era presentato nuovamente.

“Bocciolo della morte
Del destino sono aperte le porte
E il cuor la via della vita
Più non controlla
Nel sole nascente
Nella luna che crolla.
Bocciolo nero,
giglio letale
Due strade per chi il pegno
Dovrà pagare…
Perire
O Errare”

La filastrocca del fiore nero era impressa nella mente di Caden da quando aveva tre anni. Era una delle prime cose che venivano insegnate ai piccoli Whisperer perché tenessero sempre a mente l’orrore che li aveva sempre perseguitati. Era il peggior flagello che potesse minacciarli, dopo i cacciatori umani.
La leggenda del Noir si protraeva attraverso la storia con tracce vergate col sangue.
Secondo le cronache più antiche e attendibili, si trattava di una maledizione scagliata dagli stessi uomini quando, nella notte dei tempi, i Whisperer avevano imparato a sottrarsi alle cacce che li avevano decimati.
Un retaggio, perché non si scordassero mai di essere prede.
Circa ogni mille anni, secolo più secolo meno, sulla fronte di un Whisperer compariva il seme da cui sarebbe sbocciato l’anatema…e a quel punto si raggiungevano le due strade citate nella poesia: la vittima doveva decidere, anche se si trattava di una ben magra scelta: morire tra i propri simili, attirando pericolo e calamità su di loro.
Oppure andarsene, e finire la propria vita in solitudine, scegliendo di immolarsi per salvare il clan.
Sul fatto che ci fosse una minima possibilità di sopravvivere non c’era storia. Quando Noir apriva i suoi petali, completando la fioritura, chiunque lo portasse sacrificava la propria vita. Non c’era scampo.


Il sangue che scorreva nelle vene di suo fratello aveva concesso un terreno fertile per il seme del giglio nero. Era una promessa di contagio praticamente certa . Avrebbe portato solo morte.
Eppure era stato così inaspettato…


Fino al 3 Gennaio di quello stesso anno, Caden, Tenah, Randa e tutti gli altri giovani del clan di Boston non avevano mai conosciuto l’Antico Flagello se non attraverso le storie, che comunque non abbondavano. Evidentemente gli adulti pensavano che fosse una cosa troppo crudele da inserire nelle favole per i bambini,filastrocca scema a parte.
Il 3 Gennaio, il giorno del suo compleanno.
Suo, e di Shade.











Author's note: Ok, dato che avevo il prologo già pronto ho pensato "perchè rimandare?"...eccolo qui. ^^ SPERO che sia venuto decente e non troppo palloso. Nel prossimo capitolo ci sarà un po' di più movimento, parola.


Be Blessed

Hannah


P.s: Questo è il mio primo tentativo SERIO di scrivere un libro...ho bisogno di aiuto. E del maggior numero di lettori possibili in grado di lasciare un commento o una critica costruttivi ai capitoli che posterò qui per permettermi di migliorare....qualcuno se la sente di darmi una mano? Q.Q

domenica 14 giugno 2009

First drop:.- Summary













First drop:.-Summary:






.:Noir:.
Mi chiamo Caden. Ho sedici anni. Sono uno di Loro.
Sì, un Whisperer.
Se qualcuno di voi mi vedesse camminare per strada cercherebbe di uccidermi e farmi sparire. Chissenefrega, è storia vecchia.
Sono qui per qualcosa che riguarda anche voi.
Voi, sì. Quelli a cui farebbe piacere vedermi con un buco tra gli occhi.
Ho bisogno di raccontarvi una storia.
E' importante.
Noine ha detto che forse non vivremo abbastanza per completarla, ma non m'importa. Voglio tentare...è sempre meglio che niente.
Ascoltatemi.
è tutto ciò che vi chiedo.
"C'era una volta un popolo nato nella calma delle ombre, braccato dal più feroce dei nemici: l'uomo. Per continuare a vivere, allora, i suoi appartenenti dovettero nascondersi. Rinunciarono alla luce del sole, al tepore delle stelle e alla libertà.
Ma l'uomo non era contento.
...
E per punirci piantò il seme della distruzione tra noi."
°°°
Author's Note:...sperando che postarlo da qualche parte mi obblighi ad andare avanti seriamente (-.-") con questa storia.
Ah, prima che mi dimentichi...
Ciao a tutti, Hannah Midori's speaking. ^^ . Ho cominciato a scrivere Noir qualche tempo fa, per divertirmi - una cosetta per ridere, niente di più. Peccato che la storia non fosse affatto d'accordo e si è fatta largo a gomitate, tampinandomi finchè non mi ci sono messa seriamente...ed eccomi qui, dunque. Ho aperto questo blog con l'obbiettivo di -costringermi- a scriverla in maniera decente e continua, e raccogliere nel frattempo idee, commenti, critiche e opinioni di chi, passando di qui, deciderà di leggerla.
Cercherò di aggiornare il blog ogni giorno - non solo per parlare di Noir- . Non sono molto brava a rispettare i termini di tempo, quindi non garantisco che i capitoli si susseguiranno tutti con la stessa continuità (sono pigra, ho diversi impegni e purtroppo sono soggetta anch'io al maledetto blocco dello scrittore, quindi -.-" terrò le dita incrociate perchè vada tutto bene)
Be Blessed
Hannah
P.s: Questo è il mio primo tentativo SERIO di scrivere un libro...ho bisogno di aiuto. E del maggior numero di lettori possibili in grado di lasciare un commento o una critica costruttivi ai capitoli che posterò qui per permettermi di migliorare....qualcuno se la sente di darmi una mano? Q.Q
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